Monastero Santa Veronica Giuliani

Città di Castello

Il nostro monastero nasce per desiderio di un ricco patrizio tifernate, mons. Giovanni Antonio Fuccioli, che lascia parte del suo patrimonio per la costruzione di un monastero di Cappuccine di Santa Chiara. Alla sua morte avvenuta nel 1623, il vescovo del tempo, l’olivetano Evangelista Tonioli, procede all’individuazione del sito che, secondo le norme post-tridentine, doveva essere tassativamente all’interno delle mura cittadine. La costruzione viene ultimata nell’arco di dodici anni e rispecchia le spazialità e i canoni edilizi fissati dalle Instructiones fabricae ecclesiasticae di san Carlo Borromeo. Il 2 luglio 1643 avviene la vestizione di 14 ragazze ammesse senza dote o altro sussidio; la guida della nascente comunità è affidata a suor Costanza Danzetti e suor Cristina Ansidei, le due madri fondatrici scelte dal monastero di Perugia, uno dei primi ad abbracciare la riforma cappuccina.

L’arrivo di Orsola Giuliani costituisce un passaggio fondamentale nella storia del monastero: l’eccezionale esperienza mistica e la sua vicenda storica, hanno segnato per sempre il corso della nostra comunità. Prendendo il nome di Veronica, entra nel nostro monastero il 28 ottobre 1677; tra il 1681 e il 1697 si collocano i grandi fenomeni straordinari che culminano con l’impressione delle stimmate il 5 aprile del 1697, venerdì santo. Nel 1716 viene eletta badessa e lo sarà fino alla morte avvenuta il 9 luglio 1727.

Viene beatificata da Pio VII il 17 giugno del 1804 e canonizzata da il 26 maggio del 1839 da Gregorio XVI.

Il nostro monastero è legato indissolubilmente a questa donna straordinaria che brilla per la sua grande santità. Ma il cammino di una fraternità è fatto soprattutto dall’intreccio sapiente di tante vite donate nel silenzio e nel nascondimento.
Oggi siamo una piccola sororità aperta all’accoglienza, impegnate in un cammino di rinnovamento per essere davvero sale della terra e luce del mondo. Le forme si aggiornano, cambia il modo di esprimere la fede, il linguaggio si trasforma, ma la cosa veramente essenziale è un ritorno sempre vivo e fedele alle nostre sorgenti.

La nostra vita è camminare con gli uomini e le donne del nostro tempo. Camminiamo tra Dio e la storia umana: questo è il senso profondo dell’intercessione, di quello stare in mezzo alle più disparate realtà umane. Il dolore, la gioia, la speranza, la disperazione degli uomini vengono assunti e portati davanti a Dio nello spazio sacro della Liturgia.

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